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Intervista a Bagoga
francesca November 15, 2021

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Pierino Fagnani in Arte “Bagoga” è il fondatore del Ristorante la Grotta di Santa Caterina a Siena, (http://www.bagoga.it), che oggi gestisce insieme a suo figlio Francesco e sua moglie Maria Pia.

Nella sua carriera ha dato da mangiare a personaggi illustri come Dustin Hoffman, Emma Thomson, Gianna Nannini, Enzo Iacchetti e molti altri.

Nasce a Montalcino nel 1948 da una famiglia poverissima: a 6 anni già lavorava e, prima di andare a scuola, consegnava il pane a Nello detto “il Chiodo”, poi tornava a casa, si metteva il grembiule nero ed andava a scuola. Il fornaio, arrabbiato, gli disse “digli al Chiodo che se lo vada a prendere in quel posto…” Un giorno Nello gli disse: “vai dal fornaio e digli che questo pane fa schifo perchè la farina che ha usato era ammuffita”.
Allora Pierino, che tutti chiamavano “Gambassino”, andò a casa, si mise il grembiule nero e sulla strada che lo portava a scuola, passando davanti alla bottega di Nello e pensando di eseguire gli ordini del fornaio, si affacciò alla bottega e disse “ha detto il fornaio – vai a prendertelo nel…" Così ne buscai sia dal fornaio che da mia mamma che non mi mandò più a consegnare il pane e mi tolse dalla scuola, poi mi spedì ad Abbadia Ardenga a guardare i maiali.

Non lo racconta in modo triste mentre a me, mentre lo ascolto, prende una grande tristezza pensando a quel bambino di 6 anni…Pensando a mia figlia che ora ne ha 12…pensando che 50 anni fa al posto di quel bambino ci sarei potuta essere io…se fossi nata al posto suo.

Così Gambassino fu portato via dalla sua casa, dalla scuola e dalla sua famiglia e mandato a vivere in una fattoria: guardava i maiali e tornava a casa una volta all’anno…Aveva solo 7 anni.

Ne aveva invece 8 anni quando la sua mamma morì (senza che lui potesse rivederla) e l’anno dopo mori anche il suo babbo.
Lo zio, al quale era stato affidato, pensò di metterlo in collegio ma il Prete del paese gli trovò lavoro a Siena, come lavapiatti e Gambassino si trasferì dalla campagna in città: “Guadagnavo 22 lire al mese e ne spendevo 18 di affitto”.
Poi una serie infinita di vicende che alla fine lo portarono nel mondo dei cavalli: lui era avvezzo a lavorar con gli animali ma non era mai montato a cavallo, vide la sua confidenza coi cavalli un allevatore che gli dette quindi lavoro.

Ogni mattina si faceva prestare la bicicletta per andare alle 7 del mattino a sistemare i cavalli ed alle 9 andava poi a lavorare alla rosticceria dove lo avevano assunto un po' di tempo prima. Fu in questo periodo che iniziò a montare da autodidatta: montava a pelo…

Gli si illuminano gli occhi mentre lo racconta: “la meraviglia della natura, montare a pelo” mi racconta. Mi dice poi delle prove di notte, quelle fatte una volta, quelle vere e non quelle che si fanno oggi. "Io le ho viste le prove di notte…sapore di altri tempi…"

Apro una piccola parentesi: a Siena abbiamo il Palio, farò un articolo a parte sul Palio, anzi ce ne vorranno più di uno.

La notte prima della tratta che è il  giorno in cui si assegnano i cavalli alle contrade che correrano il Palio, si facevano le “prove di notte” ovvero i cavalli venivano “furtivamente” portati in piazza per provarli: era una cosa che si faceva di contrabbando, oggi è tutta regolamentata…ed a me non piace più.
Ricordo l’unica volta che ne o vista una: il mio Babbo mi svegliò alle 3 di notte e ci incamminammo in città.
Per le strade non c’era anima viva, la città era deserta e si sentivano solo i nostri passi.

Ad un certo punto, attraverso il vicolo di San Paolo, entrammo in Piazza del campo e la meraviglia e la sorpresa di quello che vidi non mi si toglierà mai dagli occhi e dal cuore. La piazza era decorata da gruppi di contradaioli, che parlavano a voce bassa e da cavalli che spogliati di ogni vestimento, galoppavano dando un senso di libertà che mai ho sentito vivo come in quel momento. Tutti eravamo li e tutti sapevano che eravamo li, ma li non c’era nessuno e nessuno sapeva che eravamo li. Era una magia…Si sentiva solo lo zoccolio dei cavalli ed un leggero brusio…

Ormai Gambassino, che a Siena tutti chiamavano “Bagoga”, aveva la fama di esser quello che sapeva far “girare i cavalli” a San martino (la curva più difficile e pericolosa del Palio di Siena) ed allora gli fanno montare una cavalla che però dopo 3 giri, imbocca l’onda e scivola sulle pietre alla fine del tufo e lui ci resta sotto, facendosi male ad una gamba e non potendo correre il palio.
Mi racconta del suo unico Palio corso e mentre e lo fa, non solo gli si illuminano gli occhi, ma cambia il tono della sua voce: quanta passione e quanta felice armonia nel suo racconto!
Montava nella Civetta, mentre nel Leocorno (la rivale), c’era Canapino. “Per fermare Canapino son cascato io…ma il Leocorno non ha vinto”.
Si perché a Siena funziona così…siamo strani noi… non far vincere la rivale può essere una vittoria maggiore della vittoria stessa.
Vi racconterò del Palio di Siena un’altra volta…
Ed alla fine la fortuna gira, finalmente trova un’occasione e compra il suo ristornate “lo pagai 2.800.000 lire in tre anni: era il 1973 inizia qui la storia del ristorante di Bagoga. Non potete venire a Siena e non andare da Bagoga.

Perché Pierino ti chiamano “Bagoga”? “Perché lavoravo alla rosticceria Monti ed anche il titolare si chiamava Piero, come me, allora un giorno Piero Monti mi disse – sei di Montalcino, allora ti chiamerò Bagoga, perché le albicocche a Montalcino le chiamano le Bagoghe!”

E così tutti oggi a Siena lo conoscono così.

Lo sapete cosa mi ha colpito più di lui? La sua autenticità e la sua gentilezza, la sua signorilità, leggera timidezza e consapevolezza che qualunque cosa la vita ti riservi, devi accettarla ed andare avanti. In lui c’è una Dignità disarmante. Io che sono una ribelle, che non si rassegna mai, ho provato nell’ascoltare la sua storia, un grande senso di rispetto ed ho ricevuto da lui una grande lezione di vita.
 
Prima di salutarlo gli ho chiesto:
“Bagoga io sapevo che nel tuo ristornate te non volevi wi fi, invece ora vedo che qui c’è una potente wi fi, come mai? Perché hai cambiato idea?

“Non ho cambiato idea ma sono stato obbligato dalla legge: per via del Covid ci vuole il menu con il QR code, ma io la penso sempre allo stesso modo: nel mio ristorante vorrei che la gente al tavolo parlasse invece di stare incollata ad un monitore del telefono e vorrei che si godesse i miei piati, il mio vino e che parlasse! Per questo finchè ho potuto: avevo la wi fi ma non davo a nessuno la password perché qui per fortuna i telefoni prendono poco e senza wi fi non si naviga…"